TECNOCONTROLLO

Videocamere, carte di credito, carte con microchip, cellulari con gps, navigatori per auto, social network e internet. Sono solo alcuni dei sistemi e dispositivi che oggi, in ogni momento, in base a quanto e come vengono utilizzati sono in grado di dire che cosa una persona sta facendo, dove la sta facendo e a volte anche con chi. Un fenomeno subìto, ma anche agito, come nel caso dei social

spiati dalla tecnologianetwork in cui l'utente spontaneamente dichiara tutti questi particolari e molto altro, al punto che il sistema stesso è in grado di profilarlo e proporgli per esempio, pubblicità ad hoc, che "indovinano" perfettamente gusti, interessi, predisposizioni sociali e politiche. Ebbene, tutto questo viene chiamato tecnocontrollo, o sorveglianza ubiquitaria, alla quale non tutti reagiscono allo stesso modo.

Reazioni diverse alla violazione di privacy.
Una recente ricerca finlandese, realizzata in un setting sperimentale in cui diverse telecamere sono state installate negli appartamenti di alcuni nuclei familiari volontari (in stile Grande fratello, per intendersi), ha esaminato in sei mesi i potenziali effetti su reazioni e stati d'animo degli "spiati". Gli schemi di comportamento sono stati diversi, in alcuni casi ansia, impazienza e rabbia. In altri casi ricerca di escamotage per recuperare la propria privacy e sviare le telecamere cercando di nascondersi, ma in molti casi c'è stato un adattamento con la consapevolezza di vivere in una "società di sorveglianza", dunque è normale essere spiati. «Non credo che si possa parlare di un disturbo» spiega Ferdinando Pellegrino, psichiatra e dirigente medico presso il Dipartimento di salute mentale dell'Asl Salerno «ma indubbiamente la realtà è cambiata ed è cambiato lo stile di vita. La tecnologia è entrata prepotentemente nella nostra vita, e il problema è di come noi reagiamo e quali modalità di difesa assumiamo». Dunque, quali possono essere queste reazioni? «La persona introversa mette delle barriere e si difende in modo sano, attua contromisure idonee a conservare la propria privacy, non si lascia ingannare, sa che corre alcuni rischi, ma conserva un proprio stile di vita» spiega l'esperto. Questo si traduce in comportamenti pratici per vivere la tecnologia con misura: «Possiede un solo cellulare, non si fa adescare da richieste di aiuto o inviti provenienti da ignoti, e mantiene un controllo sulle tentazioni che la rete offre. Ci troviamo di fronte ad una persona che ha un "Io" maturo, ben delimitato, in grado di capire che il controllo può essere positivo in alcune circostante, per esempio per strada o in banca, ma sa anche che questo controllo non deve entrare nella sua vita privata, e quindi si tutela». Esistono però altri schemi comportamentali. «In genere chi possiede maggiori tratti di estroversione è più vulnerabile al fenomeno» aggiunge «perché tende a fidarsi di tutti e a condividere con tutti le proprie emozioni, ha un inconscio desiderio di essere osservato, mette su facebook tutto quello che può e diventa davvero un "libro aperto". Persone predisposte a lasciare aperti i canali di comunicazione anche quando dovrebbero essere chiusi, sono più vulnerabili alla violazione della privacy».

Meglio tutelarsi con qualche precauzione
Dunque, che cosa succede quando ci si sente violati? «Va chiarito che chiunque può cadere in qualche trappola e trovarsi in situazioni spiacevoli in quanto poco gestibili. Ma è bene osservare la reazione del soggetto, che deve essere appropriata e non ansiogena; si tratta di rischi nuovi a cui non si è ancora abituati ma un problema reale si pone per chi presenta già un vero disturbo psichiatrico, tipo paranoia o tratti di personalità paranoici». Con quali conseguenze? «In questi casi l'intromissione nella vita privata del soggetto può dargli conferma che ci sono persone che lo spiano e si possono avere dei veri e propri deliri che richiedono specifiche e urgenti terapie. È evidente che i soggetti più a rischio sono le persone fragili, con un "Io" non ben definito, con marcati tratti di personalità isterica e marcata estroversione. E naturalmente chi non ha il controllo dei propri impulsi». E quindi come mettersi in salvo? È sufficiente adattarsi alla nuova realtà? «Più che adattamento direi che occorre essere proattivi: un adattamento cioè proteso a prevenire certe situazioni, e quindi un adattamento attivo».

 


Simona Zazzetta - Dica33, 09/11/2012
Ferdinando Pellegrino - Psichiatra, psicoterapeuta