LA PSICOLOGIA DEL POSITIVO PER IL GOVERNO DELL'INCERTEZZA
Manuale di Resilienza per Professionisti Sanitari
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ABSTRACT
Oggi si parla tanto di resilienza, forse troppo, in psicologia, in psichiatria, in neurologia, in economia, tra la gente comune, ma cosa significa essere resilienti?
È un termine che racchiude le potenzialità della mente?
Rispecchia la vera natura umana, la sua potenziale capacità di superare e gestire le difficoltà e i traumi della vita?
È oggi ampiamente dimostrato che rispetto a pregresse o attuali esperienze stressanti o traumatiche la mente possiede una intrinseca capacità di lotta, diremmo per la sopravvivenza; lo abbiamo visto e lo si vede con l’esperienza del Covid-19, come di fronte a situazioni traumatizzanti sul piano fisico e ad alto impatto emotivo emerge una forza interiore che mira a fronteggiare qualsiasi situazione. Ed è ciò che l’uomo ha in sé per sua natura, è il senso stesso dell’evoluzione che come sappiamo ha visto l’uomo emergere da situazioni drammatiche, affrontare imprevisti catastrofici in tanti momenti della storia.
È questa la resilienza? Una modalità attiva di fronteggiare il trauma senza soccombere? Un modo per rialzarsi nonostante la sofferenza?
Uno stile di vita caparbio, di chi non molla, di chi vuole riscattarsi e ritrovare un proprio equilibrio quando tutto va male?
Un rialzarsi dal baratro a testa alta e migliori di prima?
Senza dubbio l’attenzione degli studiosi sulle dinamiche della resilienza ha consentito di valorizzare gli aspetti positivi della personalità, dando slancio a studi mirati a cogliere le potenzialità della mente, piuttosto che stare là a rimuginare rispetto ai traumi del passato. Un’ottica decisamente nuova se si considera che per anni la psicologia si è occupata di “guarire le ferite dell’anima” attraverso l’esplorazione dell’inconscio, considerando estremamente faticoso il percorso di guarigione da ciò che sono i legami e le esperienze del passato di un individuo.
Due prospettive, tuttavia, che appartengono all’uomo: la prima ancorata alla necessità di affrontare il quotidiano, ove naturalmente convergono tutte le dinamiche del passato, la seconda invece più proiettata al futuro, più dinamica, più positiva. Nasce così la consapevolezza di dover cambiare rotta per affrontare problematiche nuove, connesse allo sviluppo di strategie efficaci per il miglioramento del ben-essere personale, ponendo così le basi della psicologia del positivo.
La riflessione che ha portato alla definizione delle risorse positive dell’individuo è nata dall’osservazione della realtà: se è vero che alcune persone soccombono alle nevrosi, è anche vero che la maggioranza degli esseri umani riesce a convivere con lo stress. Inoltre, alcune persone riescono a superare con forza e determinazione situazioni traumatiche estreme e persistenti – come può essere la permanenza in un campo di concentramento – riuscendo a riprendere in mano le redini della propria vita.
L’interesse degli studiosi ha travalicato il modello del patologico – quello della sofferenza e del disagio psichico – per proporre un modello positivo nell’intento di cogliere i fattori psicologici che rendono possibile un sano sviluppo della persona e la sua autorealizzazione. L’attenzione si sposta quindi sui fattori positivi che rendono l’individuo proattivo, valorizzando il ruolo della personalità nella determinazione delle scelte e nella progettazione del futuro.
Resilienza e fragilità diventano così realtà complementari, due facce della stessa medaglia: nella fragilità l’uomo si trova a fare i conti con le proprie debolezze ed i propri limiti, sia fisici che psichici, nella resilienza si pone nei confronti della vita con una prospettiva proattiva, dinamica, positiva. Questa contrapposizione non deve tuttavia meravigliarci, ciò in fondo fa parte della natura umana, fragili e antifragili, tristi e gioiosi, saggi e superficiali, affettuosi e egoisti, teneri e sadici, benevoli ed egoisti, paranoici e accoglienti in una complessità di dinamiche che danno ragione della molteplicità delle sfaccettature di un qualsiasi profilo di personalità.
L’uomo possiede grandi risorse psicologiche che favoriscono le sue potenzialità adattive consentendogli di affrontare con decisione ogni difficoltà. La personalità matura ha le sue radici nella famiglia, nei rapporti primordiali che si instaurano con le figure genitoriali e, successivamente, con ogni altra figura di riferimento; la promozione del benessere deve così mirare allo sviluppo armonico della personalità di ciascun individuo che gli consenta di adattarsi in modo attivo e funzionale alla realtà circostante.
INDICE
Introduzione
La personalità come modo di essere
Motivazione interiore e crescita dell’Io
Vivere nel mondo dell’incertezza: il contesto
Stress e benessere
Ragione, emozioni, intuito e socialità: i volti della mente
Il governo dell’incertezza: saper progettare
Il fitness cognitivo-emotivo
Aspetti pratici della vita quotidiana
Autostima e autoefficacia
Appendice
- un test per riflettere
- un test per agire
CONTENUTI
Acquisizione competenze tecnico-professionali
Esplorare le competenze trasversali (resilienza, personalità, motivazione) utili a gestire l'incertezza, le situazioni critiche, le emergenze e i traumi.
Acquisizione competenze di processo
Acquisire consapevolezza circa i propri punti di forza e debolezza nell'affrontare criticità e incertezze, con particolare riferimento a periodo pandemico, intra-pandemico e post pandemico
Acquisizione competenze di sistema
Sensibilizzare all'importanza di alcuni soft skills indispensabili a governare l'incertezza a livello motivazionale e personologico.
ESTRATTO DAL LIBRO
GIULIO. Una situazione lavorativa difficile
Giulio ha imparato a convivere da molti anni con una situazione lavorativa difficile e impegnativa; tecnico di laboratorio in una grande azienda, ha sempre lavorato con spirito di collaborazione e sacrificio.
I suoi quarant’anni sono stati ben spesi, ha una bella famiglia e una casa che ha acquistato di recente proprio grazie ai sacrifici fatti ed impegnando, per il mutuo, una parte dello stipendio; la moglie non lavora, pur essendo laureata in giurisprudenza non ha mai cercato un lavoro condividendo con Giulio l’importanza di dedicare ogni risorsa ai due figli da poco maggiorenni.
Nel corso degli anni Giulio non si è risparmiato nei confronti dell’azienda con impegni, orari extracontrattuali e non retribuiti e con piena assunzione di responsabilità anche per mansioni non strettamente connesse al proprio ruolo.
Si è assunto per anni responsabilità che non gli competevano, sia per favorire il suo diretto superiore molto abile nel lasciare gli impegni maggiori agli altri, sia per un senso di venerazione nei confronti del suo ideale di azienda.
Riteneva il suo ruolo importante e dava per scontato il suo maggiore impegno, quasi un dovere (... dovevo seguire tutto io ... dovevo garantire che tutto funzionasse per il meglio ... doveva essere tutto perfetto ...), un atto dovuto all’azienda, indipendentemente da ogni altra considerazione.
Descritto come una persona buona, rispettosa, remissiva, incapace di far del male agli altri, è stato sempre pronto e disponibile per chiunque, sia in ambito lavorativo che familiare e sociale; non ha mai avuto grosse pretese ed aspirazioni, impegnato nel lavoro ed attento alle esigenze della famiglia, era contento di come andavano le cose, anche la situazione lavorativa gli stava bene. Non ha mai ritenuto opportuno avanzare richieste nei confronti del suo superiore né dell’azienda, si è sempre accontentato di come veniva trattato, in fondo si sentiva gratificato e, per certi versi, gli bastava il sostegno della sua famiglia che non gli ha mai creato problemi e preoccupazioni.
Il problema è insorto quando l’azienda, per un certo periodo, ha dovuto ricorrere alla cassa integrazione inserendo anche Giulio nell’elenco dei dipendenti che ne dovevano usufruire: ciò ha comportato l’insorgere di un quadro depressivo di particolare gravità.
Pur sapendo che si sarebbe trattato di un provvedimento transitorio che avrebbe riguardato un numero cospicuo di dipendenti, ha reagito allontanandosi da tutto e da tutti, rimanendo al di fuori di ogni relazionale.
La sua reazione depressiva è stata motivo di forte preoccupazione per la famiglia e per gli amici ed è stato necessario un periodo di circa un anno di terapia; ora Giulio sta meglio, ha ripreso a lavorare e l’azienda si sta riprendendo dalla crisi, anche se ci vorrà ancora del tempo.
CLAUDIO. Vivere in funzione di una storia d'amore
Claudio ha da poco conosciuto una donna di 28 anni, Sonia, di cui è fortemente innamorato. Ha iniziato una splendida storia d’amore e, sembra, aver inaugurato una nuova stagione, ha completamente abbandonato i suoi riferimenti e le responsabilità attuali e vive solo in funzione di questa storia.
Ha 55 anni, è sposato con Sandra e ha tre figli di 11, 15 e 17 anni, ma sembra che tutto questo non gli interessi più, o per meglio dire, vorrebbe organizzare la sua vita andando a vivere – come ha fatto – con Sonia in un’altra città per far ritorno a casa nel fine settimana e ritrovare la sua famiglia.
È un libero professionista, che, abituato a lavorare in più città, non ha avuto difficoltà a trovare lavoro e sistemazione lontano da casa; ha organizzato il tutto senza consultare nessuno, in piena autonomia, ritenendo forse di non dover dar conto a nessuno, né ai figli, né alla moglie che mi ha consultato in quanto presa alla sprovvista dal comportamento di Claudio.
Non avrebbe mai immaginato tutto questo, si rammarica perché negli ultimi anni, per problemi di salute e di impegni lavorativi, non è stata attenta e premurosa con lui, ma non giustifica ciò che sta accadendo.
È come se Claudio stesse vivendo una nuova adolescenza, completamente deresponsabilizzato rispetto alla famiglia, non sembra avere alcuna consapevolezza delle conseguenze derivanti dal proprio comportamento; non sembra che il distacco dai figli lo condizioni più di tanto, né appare preoccupato per le inevitabili conseguenze sul piano legale.
ALESSANDRA. Una diagnosi di tumore al seno
Alessandra ha da poco intrapreso una nuova attività, ha trovato lavoro come segretaria in un centro di chirurgia estetica, ha 35 anni ed è sposata da 4 anni con Antonio, operaio presso un’impresa di costruzioni. Ha una figlia di 3 anni e vive con la suocera con cui si relaziona molto bene e a cui è molto legata, avendo perso di recente i genitori, il padre per un infarto cardiaco, la madre per un tumore allo stomaco.
È una ragazza vivace, piena di vita, si relaziona molto bene con gli altri, ha un buon rapporto con Antonio che descrive come “il ragazzo della sua vita” e che conosce da quando aveva 12 anni; la piccola Ilaria cresce bene, è vispa e si adatta ad ogni situazione, è “la gioia di tutti”!
I problemi cominciano quando ad Alessandra viene diagnosticato un tumore al seno. Si è trattato di un reperto occasionale, per certi aspetti fortuito, in quanto è venuto fuori nel corso delle indagini che ha dovuto fare per accedere al nuovo lavoro.
È iniziato così un periodo di grande sofferenza che a tutt’oggi, pur essendo la situazione sotto controllo dal punto di vista clinico, continua ad avere ripercussioni dal punto di vista psicologico.
Dopo la diagnosi, Alessandra è andata a Milano dove è stata operata nel giro di poche settimane, ha quindi dovuto seguire una terapia medica con l’indicazione di sottoporsi a periodici controlli clinici, un monitoraggio standard, nulla che possa o debba far preoccupare più del dovuto.
Però lei non ha accettato la malattia e vive con il continuo terrore che il tumore “possa ricrescere”; ha sviluppato un quadro ansioso e, in particolare, non trova più pace, ha necessità di essere rassicurata e continua a chiedere consultazioni specialistiche, è alla ricerca di continue conferme sul suo stato di salute. Oltre a girare l’Italia alla ricerca dello specialista più bravo e spendere molti soldi per queste consulenze, non riesce ad assicurare una continuità lavorativa e soprattutto non riesce ad essere vicina ad Ilaria che sta risentendo molto del comportamento iperattivo e non finalizzato della madre.
Alessandra ha ora intrapreso una terapia psicologica e, anche grazie al sostegno familiare, sta progressivamente riprendendo fiducia nella vita e si sta rasserenando rispetto al futuro.
CINZIA. Un amore fonte di sofferenza
Per Cinzia l’amore che ha scoperto a 45 anni è solo fonte di sofferenza, ha conosciuto di recente Patrizio e si è innamorata. Sposata e con due figli di 6 e 9 anni, gestisce un negozio di articoli per la casa, ha sempre lavorato e dedicato ogni interesse alla famiglia, ha un buon rapporto con il marito che descrive come un uomo mite, tranquillo, che lavora con lei nel negozio e “non gli crea nessun problema”, la lascia libera, ma è sostanzialmente lei ad occuparsi di ogni problema relativo alla famiglia e al negozio. Questa responsabilità le dà un certo orgoglio, riconoscendosi autonoma, decisa, e ha consapevolezza del ruolo marginale del marito, per questo non vuole che “la sua storia” si ripercuota sul management familiare e lavorativo.
In ciò è discreta, gli incontri con Patrizio sono saltuari, mediamente 3-4 volte al mese, ma l’intensità del rapporto le condiziona lo stato d’animo ed è motivo di sofferenza; vorrebbe vederlo di più, si sentono continuamente al telefono, molti sms, momenti di forte gelosia (... Patrizio è sposato, so che non dovrei essere gelosa ... ma è più forte di me .... ); così come descritta sembra un’appassionante storia d’amore vissuta con intensità (... ho anche difficoltà a dormire ... Patrizio è sempre presente nei miei pensieri…non avevo mai provato emozioni così forti… ).
Cinzia sta vivendo un momento di crisi, ciò la fa stare male, si rende conto di aver dato troppo spazio a questa storia e di aver creato dei problemi anche a Patrizio che negli ultimi mesi è meno disponibile, “più razionale e freddo”. Tutto ciò è ulteriore fonte di disagio, anche se complessivamente Cinzia conserva un’apparente buona funzionalità familiare e lavorativa.
Cosa condiziona le scelte delle persone?
Perché rispetto ai problemi della vita si adottano talvolta stili comportamentali incoerenti con il proprio modo di essere?
È possibile prevedere il comportamento delle persone e comprenderne il modo di pensare e di essere?
Quanto concorrono alla comprensione del comportamento umano i fattori genetici, psicologici, familiari, lavorativi e sociali?
Alcuni individui di fronte ai problemi si paralizzano, assumono un atteggiamento regressivo, si nascondono in un angolo ed evitano qualsiasi iniziativa; attendono che il peggio passi e accettano passivamente ogni conseguenza. Tendono a subire gli eventi, rimangono impauriti, privi di forza, non accettano l’idea che il mondo sia in continuo cambiamento e non hanno capacità di adattamento.
Altre persone, invece, corrono senza una meta precisa, di fronte ai problemi vanno alla ricerca della soluzione magica, non riescono a rasserenarsi, ad accettare la realtà, credono nei sogni, si illudono, non accettano “il dato di fatto”. Non si rassegnano, ma disperdono ogni energia in questa corsa alla ricerca della sicurezza e della risposta ai propri problemi; non hanno consapevolezza della propria debolezza, non accettano l’idea che la vita possa avere degli imprevisti.
Altri ancora tendono ad ignorare i problemi, non li riconoscono, si lasciano guidare dalle emozioni rischiando di compromettere anni di lavoro e responsabilità; pur avendo avuto sempre un comportamento lineare e responsabile, all’improvviso sembrano perdere ogni forma di razionalità e senso di responsabilità. Possono così disconoscere ogni impegno assumendo stili di vita disadattivi, quasi espressione della rottura di un equilibrio interiore e dell’incapacità di affrontare con ragionevolezza le situazioni della vita.
Il comportamento umano trova ampio spazio nella letteratura scientifica contemporanea e le sue ragioni non sono ancora del tutto chiare, ma ciò che sappiamo con certezza è che la personalità ha un ruolo determinante nella sua genesi.
Esso non è semplicemente questione di volontà [7]. La volontà non è un muscolo che si può tenere in allenamento e non è questione di farcela o non farcela, resistere o non resistere, impegnarsi o meno, assumersi delle responsabilità o lasciarsi guidare dalle emozioni (tabella 1).
Le scelte di una persona, anche se apparentemente illogiche, sono espressione del suo modo di essere [8] e possiedono motivazioni profonde che nascono proprio dalla personalità, vera chiave di lettura del comportamento umano.