Internet, si sa, è una miniera d’oro, capace di dare risposta ai dubbi più disparati, così come di risolvere le emergenze più impellenti.
Capita, però, che la Rete finisca anche col dare cattivi consigli, come dimostra uno studio dell’università di Oxford secondo cui, tra le ricerche più gettonate tra i giovanissimi, spiccano istruzioni per autolesionismo e suicidio.
Dopo i siti pro-ana, in cui le adolescenti si scambiano 

suicidio: informazioni su internetpericolosi consigli per dimagrire, il nuovo allarme è basato sulla revisione di dati da 14 precedenti ricerche svolte sull’argomento.
«Non stiamo dicendo che tutti i giovani che usano internet aumentano il proprio rischio di suicidio o di autolesionismo», ha spiegato Paul Montgomery, coordinatore dello studio, «parliamo di giovani vulnerabili che vanno online appositamente per saperne di più su come farsi del male o che hanno già pensato al suicidio. La questione è se il contenuto trovato online inneschi in loro una reazione tale da spingerli a farsi male o a suicidarsi e abbiamo scoperto che un legame di questo tipo esiste».
CAUSA-EFFETTO AZZARDATA. Secondo Ferdinando Pellegrino, psichiatra della Asl di Salerno, tuttavia, questi dati vanno presi con le pinze: che ci sia un impatto di internet sulla vita delle persone è vero, ha commentato, «ma è azzardato pensare a rapporti di causa-effetto tra internet e suicidio, anche perché sappiamo ancora molto poco del perché una persona arrivi a togliersi la vita».
TROVARE CONFERME ALLE CATTIVE INTENZIONI. «È chiaro», ha aggiunto, «che internet amplifica i problemi: se vai alla ricerca di conferme, per esempio della conferma che il suicidio può porre fine alle tue sofferenze, i contenuti di internet possono dartele. Molti pazienti con intenzioni suicide alla fine non si suicidano perché hanno paura di farlo. Magari trovare su internet qualcuno che ti dice che basta poco, che ti dà consigli su come fare, finisce per rafforzare le tue idee e darti il coraggio di compiere quel gesto estremo».
PIÙ FRAGILI SE ONLINE A LUNGO. La ricerca di Oxford ha dimostrato che i giovani fragili più a rischio di atti di autolesionismo e di suicidio sono quelli che stanno più a lungo online e, magari, anche con una web-dipendenza, segno pure della loro solitudine.
In uno degli studi esaminati, per esempio, oltre la metà degli intervistati (59%) ha confessato di aver cercato informazioni sul suicidio online.
L’80% HA CERCATO INFORMAZIONI SUL WEB. L’80% dei giovani che avevano confessato di aver commesso atti autolesionistici ha riferito di aver cercato prima informazioni sul web. Il 73% dei giovani che ha rivelato di essersi procurato dei tagli aveva cercato informazioni online. Un altro studio ha mostrato che scambiarsi consigli su come farsi male e su come non farsi scoprire dagli adulti normalizza gli atti stessi di autolesionismo nella testa di questi giovani.
«L’effetto» per Pellegrino, «è tale che un giovane fragile e solo può perdere di vista la realtà e non rendersi conto delle conseguenze dei propri gesti; l’atto stesso di autolesionismo diventa un gesto normale da compiere quando scopri che altri l’hanno già fatto».

 

Lettera 43, intervista del 30 ottobre 2013
Infosannio
Ferdinando Pellegrino - Psichiatra, Psicoterapeuta